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Da unica modalità di prestazione al modello eletto di prevenzione – lo Smart Working

Prima dell’emergenza sanitaria l’istituto delle ferie ed il ricorso al lavoro agile come la modalità di esecuzione del rapporto lavorativo subordinato – oggi più agevolmente conosciuto come smart working – erano due linee parallele destinate a non incrociarsi mai.

Ed invece il Covid-19, scompaginando molti capisaldi del diritto per come lo conoscevamo, ha funzionato da deviatoio e ha portato i due a dover dialogare dando spunti per una riflessione sul futuro del Diritto del Lavoro.

Il Tribunale di Grosseto, con un’ordinanza del 23 aprile 2020, ha ordinato al datore di lavoro di concedere al ricorrente di svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile, dopo aver constatato che ne ricorrevano le condizioni. È stato, di conseguenza, dichiarato illegittimo imporre al dipendente la fruizione delle ferie non ancora maturate visto che il godimento delle stesse dovrebbe essere una misura subordinata – o quantomeno equiparata – ma non primaria, se si possa ricorrere allo smart working, e se lo stesso datore di lavoro ne abbia già fatto ricorso.

La pronuncia ribadisce e segue la scia politica ed economica di agevolare quanto più possibile tale modalità di prestazione lavorativa che diventa una scelta, laddove possibile, primaria appunto, e – di certo – ormai preferibile all’uso di istituti quali ferie, permessi ecc. utilizzati nella fase iniziale dell’emergenza.

In altre parole, la convivenza con il virus ci porta a rielaborare i normali schemi ed a creare una nuova base, su cui incardinare i vecchi istituti.

E che il lavoro agile sia una realtà che non abbandoneremo con molta facilità è evidente.

Il DL Rilancio vorrebbe renderlo – fino alla fine dello stato di emergenza – un diritto per i lavoratori del settore privato con figli minori di 14 anni, se tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa di chi ne voglia usufruire. Per agevolarlo al massimo non sono necessari gli accordi individuali previsti dalla legge n. 81/2017, inoltre si potranno usare anche strumenti tecnologici ed informatici personali, per non “rallentarne” l’attivazione.

La ribalta del lavoro agile è iniziata durante l’emergenza. Terminati gli istituti a disposizione (ferie, permessi, congedi) per tenere i lavoratori a casa si è iniziato a lavorare sulla legge n. 81/2017 per adattarla alla nuova situazione.

E da modalità per lavorare durante il lockdown è diventata ora la misura primaria di prevenzione del contagio e uno strumento per garantire la sicurezza dei lavoratori visto che garantisce la massima rarefazione delle presenze sui luoghi di lavoro (vd. Protocollo Sicurezza e Documento tecnico INAIL).

Va, infine segnalato che l’utilizzo dello smart working rientra nella check list, allegata alla nota dell’Ispettorato nazionale del Lavoro del 20 aprile 2020, che gli ispettori useranno nelle verifiche sull’osservanza da parte delle aziende dei protocolli anti-contagio. Senza considerare che nella PA il lavoro agile diventa la modalità ordinaria di prestazione di lavoro nella fase emergenziale.

Pertanto, si delinea un quadro abbastanza chiaro della futura tipologia di lavoratore subordinato, incentivato dalla legge e già avallato dalle prime pronunce giurisprudenziali e dalle direttive ministeriali.

La domanda resta se queste reazioni istituzionali saranno accompagnate da un cambio di prospettiva anche nella individualità delle imprese italiane e dei lavoratori. Se la prestazione di lavoro si avvicinasse sempre di più ad una prestazione di risultato si dovrebbe ripensare a tutti gli istituti inerenti alla tipologia di lavoro subordinato e rimodularli in modo coerente.

Avv. Giulia Guerrini

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